"I 5 Stelle che han votato Grasso contro Schifani sapevano bene chi è
Schifani e hanno scelto il meno peggio, cioè Grasso. Ma non avevano la
più pallida idea di chi è Grasso, e questo è un bel problema. Specie per
chi dice di informarsi sul web per sfuggire alla propaganda di regime.
Se l’avessero fatto davvero, avrebbero scoperto che il dualismo
Schifani-Grasso era finto. Schifani è sempre piaciuto al Pd,
che infatti 5 anni fa non gli candidò nessuno contro, votò scheda
bianca e mandò la Finocchiaro a baciarlo sulla guancia. Quando poi il
sottoscritto raccontò in tv chi è Schifani, i primi ad attaccarmi furono
Finocchiaro, Violante, Gentiloni, il direttore di Rai3 Ruffini e
Repubblica. Schifani era il pontiere dell’inciucio
Pdl-Pd. Così come Grasso che, per evitare attacchi politici, s’è sempre
tenuto a debita distanza dalle indagini più scomode su mafia e politica,
mentre altri pm pagavano e pagano prezzi indicibili per le loro
indagini. Nessuno l’ha scritto, nei soffietti al nuovo presidente del
Senato: ma Grasso, quando arrivò alla Procura di
Palermo nel 2000, si ritrovò Schifani indagato per mafia e lo fece
subito archiviare (l’indagine fu riaperta dopo la sua dipartita). Così,
un colpo al cerchio e uno alla botte, divenne il cocco del Pdl (che
lo impose alla Pna, estromettendo per legge Caselli), del Centro (che
voleva candidarlo) e del Pd (che l’ha candidato). Ma ciò che conta in
politica non è la verità, bensì la sua percezione: perciò sabato era
difficile per i grilli siculi non votare un personaggio da tutti dipinto
come un cavaliere senza macchia e senza paura. Anche stavolta i media
di regime ce la mettono tutta per fare il gioco dei partiti, con il
sapiente dosaggio di mezze verità e mezze bugie e il dizionario
doppiopesista delle grandi occasioni.
Leninismo. La regola base della democrazia è che si decide a maggioranza
e chi perde si adegua o esce (salvo poche questioni che interpellano la
coscienza individuale). Così ha fatto M5S sui presidenti delle Camere,
decidendo a maggioranza per la scheda bianca. Ma, siccome non piace al
Pd, la minoranza diventa democratica e la maggioranza antidemocratica. “Leninista”, dice Bersani,
senza spiegare con quale metodo democratico è passato in 48 ore
dall’offerta delle due Camere a Monti e M5S, al duo
Franceschini-Finocchiaro, al duo Boldrini - Grasso.
Dissenso. Da che mondo è mondo il parlamentare che approfitta del segreto dell’urna per impallinare il suo partito è un “franco tiratore”.
Ma, se è di M5S, la sua è una sana manifestazione di dissenso contro la
pretesa di Grillo di telecomandarlo.Indipendenza. Per vent’anni, se uno
passava da destra a sinistra era un “ribaltonista”, mentre se passava da sinistra a destra era un “responsabile”.
Ora, se un grillino porta acqua al Pd è un bravo ragazzo fiero della
sua indipendenza; se resta fedele al suo movimento e ai suoi elettori, è
un servo del dittatore Grillo.
Scouting. Quando B. avvicinava uno a uno gli oppositori per portarli con sé, era “mercato delle vacche”, “compravendita”, “voto di scambio”. Se Bersani sguinzaglia gli sherpa ad avvicinare i grillini uno a uno, è “scouting” e odora di lavanda.
Epurazione. Se Pd, Pdl, Udc, Lega espellono un dirigente che ha violato le regole, è legalità. Se lo fa M5S, è “epurazione”.
Rivolta. Ci avevano raccontato che Adolf Grillo e Hermann Casaleggio
lavano il cervello al popolo del web e censurano sul blog i commenti
critici (un po’ incompatibili col lavaggio del cervello). Ora scopriamo
che c’è la “rivolta del web” pro-dissenzienti. Ma anche, dal sondaggio di Mannheimer sul Corriere, che il 70% degli elettori M5S è contro l’inciucio col Pd.
Gentili tromboni, potreste gentilmente mettervi d’accordo con voi
stessi e poi farci sapere come stanno le cose, possibilmente chiamandole
col loro nome?" Marco Travaglio, editoriale del Fatto Quotidiano del 19 marzo 2013
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